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SCORCIO D'AFRICA IN TRE PARTI
di KURZ |
Indice
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Prima parte: Il truck |
fino a pag. 63 |
Seconda parte: Scorcio d’Africa in coppia |
fino a pag. 111 |
Terza parte: Scorcio d’Africa in solitaria |
fino a pag. 165 |
Completano il viaggio parte delle foto realizzate. |
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Prefazione
All’apparire in libreria di un ennesimo libro di viaggio (per di
più di viaggio in Africa, terra tormentata da miseria, malattie,
feroci dittature, sanguinose guerre civili e incivili, infinite
disgrazie sulle quali s’esercita cinicamente il pietismo di
maniera e a buon mercato di un gran numero di anime belle, e molti
inzuppano il loro pane di presunti scrittori nel brodo dei più
inflazionati tra i luoghi comuni) il primo impulso di un lettore
inveterato, abituato a sospendere la lettura al secondo sospetto di
ennesima prova di novelle cuisine letteraria basata sul riciclo
macchinoso e artigianale del già detto, letto, e scritto,
è un misto di indifferenza e di insofferenza. Colpa
dell’inflazione di opere di tal genere, scritte frettolosamente
da modesti scopritori di acqua calda che si credono nipotini del dottor
Livingstone o, nei casi più disperati, cloni autenticati di
Chatwin.
Attrezzati,
mi par di vederli, con moleskine d’ordinanza, sahariana tattica e
zaino multitasche pieno di banalità precotte su luoghi e cose
che di per sé non sarebbero così scontati, ma che lo sono
diventati proprio a causa di tali, Dio mi perdoni,
“scrittori”.
E’
stata quindi una piacevole sorpresa (e, debbo aggiungere, un privilegio
scriverne questa modesta prefazione) imbattermi nel manoscritto di
questa opera prima e leggerlo tutto d’un fiato con crescente
interesse, senza annoiarmi, senza provare il bisogno di apporre
correzioni, e, alla fine, col rammarico di chi ne vorrebbe ancora, ma
non ce n’è più. Per il momento, c’è da
augurarsi, ché l’Autore sembra averne ancora parecchie, di
cose da dire.
Qualche
cenno su quel che il libro non è, per rassicurare il lettore:
non è puro e semplice resoconto di viaggio, né pretesto
per facili ammonizioni moralistiche, né espediente per vuoti
esercizi di stile. Non si traveste sotto mentite spoglie di brillante e
pirotecnica apparenza priva di sostanza, ma neppure sottolinea i
contenuti con la pretesa di farne capisaldi del pensiero politicamente
corretto. Semplicemente si svolge, e si dipana con naturalezza, senza
ricercare né plauso né consenso. Come certe donne (sempre
più rare in verità) alle quali non servono trucchi
né belletti, orpelli ed ornamenti, ma che appaiono e catturano
l’attenzione senza neppure il classico sbattere di ciglia.
E’ come, se così posso dire, se il libro si scrivesse da
solo.
Sembra che
l’Autore dica “io vado”, anzi che s’incammini
senza neppure dirlo, senza le fatue certezze d’un itinerario
scandito e dettagliato, ma con la consapevolezza che durante il cammino
qualcosa troverà: emozioni, sensazioni, paure, gioie e disagi,
gli ingredienti di una vita vissuta senza i troppi ottundimenti del
quotidiano sopravvivere. E’ un cammino che si rivela iniziatico,
in certo qual modo, come qualunque viaggio che si rispetti, dove la
meta non è chimerica e prefissata come un premio bugiardo, ma
è il percorso stesso.
E il
lettore s’incammina dietro di lui, dapprima con un po’ di
titubanza, poi con sempre maggiore partecipazione scoprendo, alla fine,
con rammarico,
che il viaggio è finito troppo presto.
Il primo lettore R. M. |
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